Don Stefano Savoia e il padiglione tardo seicentesco restaurato
Nella Sala della Colonna di Piazza Leon Battista Alberti, nel corso di una seguitissima presentazione organizzata dalla Compagnia del Preziosissimo Sangue, don Stefano Savoia - delegato per i beni culturali della Diocesi - ha illustrato il padiglione tardo seicentesco dei Sacri Vasi, recentemente ritrovato e restaurato. Il capolavoro, donato da Anna Isabella Gonzaga alla Compagnia del Preziosissimo Sangue, si trova ancora a Napoli, ma ad ottobre tornerà a Mantova dove verrà conservato e occasionalmente esposto all'ammirazione di fedeli e turisti.

Il padiglione è stato presentato in contemporanea il 20 maggio a Napoli (alla mostra “Restituzioni XIX edizione” in corso a Palazzo Zevallos Stigliano, sede storica di Intesa San Paolo), e in contemporanea a Mantova da don Stefano Savoia, in una conferenza organizzata nell’ambito di un ciclo di incontri promossi dalla Compagnia del Preziosissimo Sangue per il 550° anniversario della posa della prima pietra della basilica.
Si tratta del più importante manufatto tessile gonzaghesco esistente, uno dei più importanti complessi tessili di epoca e committenza gonzaghesca. La scenografica struttura, realizzata alla fine del Seicento, per iniziativa della moglie dell’ultimo duca di Mantova, in raso di seta cremisi con ricami in oro e argento filato, è stata ricomposta e restaurata a cura della Fondazione Intesa San Paolo, dopo un lungo e complesso studio che ne ha consentito la ricostruzione, il recupero e la corretta conservazione. In seguito, al ritorno da Napoli, nel prossimo autunno i mantovani avranno la possibilità di ammirare per la prima volta in Sant’Andrea, dopo decenni di oblio, il “gran trono” dove per secoli venivano esposti i Sacri Vasi. Con un sollevatore meccanico ideato per l’occasione, il monumentale padiglione raggiunge in tutta sicurezza l’altezza originaria di oltre cinque metri.
Il restauro, curato dalla ditta RT di Albinea (RE), sotto la direzione della Soprintendenza di Mantova, ha permesso il recupero della lucentezza dei filati metallici che formano ricami dal profondo valore simbolico: angeli, cherubini, strumenti della passione, conchiglie, palmette; una vera e propria traduzione in oro e argento filato degli elaborati stucchi tipici dell’ultimo fasto gonzaghesco.